Vorrei cominciare con “al giorno d’oggi i blogger…” o “con i social media il mondo della comunicazione è cambiato…” ma poi sembrerebbe un saggio breve degli esami di maturità. Cose trite e ritrite che leggevi su Ninja Marketing nel 2012. Cercherò di arrivare al punto: prometto meno di 800 parole.
Sono l’ultimo arrivato. Scrivo seriamente curando ogni dettagli di WanderlustDaily (dai social all’esperienza utente) da circa due anni, anche se il blog l’ho creato quattro anni fa. Era nato come una raccolta di idee e consigli: quello che mi chiedevano gli amici lo scrivevo. Non davo importanza alla SEO (per i non addetti, “Search Engine Optimization”, praticamente come ottimizzare quello che scrivi in modo che Google lo posizioni bene), al networking o alle strategie social.
Da quando invece ho implementato cambiamenti sulla struttura del sito e su altre cose tecniche che sono noiose solo a pensarci, ho visto le visite schizzare in alto e continuare a crescere mese per mese. WanderlustDaily, WD per gli amici, sta diventando qualcosa di più serio ed essendoci tanto lavoro dietro, riesco a percepire quanti sforzi e risorse devono essere impiegate per creare contenuti originali, appetibili, non banali e utili per i lettori.
Sono una persona che dimentica le cose, che fa ritardo, spesso disordinato. Ma quando si tratta del blog mi dà fastidio anche vedere che tra l’immagine e il testo non c’è abbastanza spazio o che il carattere del titolo è 16pt e non 18pt. Controllo ogni minimo dettaglio, cerco la soluzione su gruppi, forum, siti per migliorare il sito ogni singolo giorno.
Poi arriva il giorno in cui finisco di scrivere un articolo dopo ore e ore di editing e perfezionamento e vedo un blogger che scrive due puntini di sospensione invece di tre (errare è umano e io sono il primo eh!); quello che scrive qual è con l’apostrofo; quell’altro che se fai CTRL+C CTRL+V a una frase qualsiasi del suo blog su Google la ritrovi su un altro sito perché l’ha copiata; e poi c’è quello che scrive nella bio di Instagram “Blogger” ma in realtà non aggiorna il sito dal 3 luglio 2015; ah c’è anche quello che su 20 articoli 18 sono sponsorizzati.
Allora mi frullano diecimila domande nella testa:
- Perché ieri sera sono stato fino alle 2 a scrivere questa pagina sugli Stati Uniti?
- Perché ogni giorno controllo come vanno le keyword?
- Perché tengo d’occhio Search Console per trovare eventuali errori?
- Perché qualche giorno fa ho eliminato più di 200 categorie e tag per rendere migliore la navigazione (maledico il me di anni fa che creava categorie senza limiti)?
- Perché continuo a scrivere post lunghi 1200 parole se mi basta scrivere su Instagram “Hey ragazzi, l’America è stupenda! Ecco una foto di New York”?
La risposta è una: perché il blogger scrive.
Che scoperta eh?
Il blog deve essere il suo strumento principale, il cavallo di battaglia e la punta di diamante del suo media kit. La verità è che passare un’ora a ottimizzare un articolo è noioso. Scrivere come arrivare dall’aeroporto di Chicago al centro (<- ho messo un bel link interno nel frattempo) non è entusiasmante.
Tanti blogger vogliono solo postare la foto su Instagram e viaggiare con gli enti del turismo. Il bello? Ci riescono.
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Non voglio entrare nelle dinamiche di Instagram perché ne avrei da qui a Pasqua 2033, ma è da sottolineare il fatto che molti sono passati dalla barca dei blogger a quella degli “influencer” (denominazione che non ho mai apprezzato). Si sono creati un seguito sui social mentre scrivevano più o meno di frequente sul loro blog. Poi hanno visto che scrivere una caption di 10 parole era più facile e il blog lo tengono lì come vetrina per brand e enti che di Google Analytics o content marketing ne sanno come io ne so di matematica. Una figura ibrida, uno specchietto per le allodole con 90k su Instagram e qualche articolo sul blog scritto la domenica a tempo perso.
E allora non chiamarti blogger. Chiamati influencer, instragramer. Instagram personality. Boh. Ma non chiamarti blogger perché non scrivi spesso, non crei contenuti originali, non aiuti nessun utente se prendi una frase da Wikipedia. Anzi, aiuti solo gli altri blogger perché – ovviamente non lo sai – Google penalizza i contenuti copiati. Fai solo del male al mercato (passatemi il termine) perché ti definisci al pari di Tizio XY che è un blogger puro e si fa il mazzo per mantenere contenuti di un certo livello. Non sei al pari, appartieni proprio ad un’altra categoria. Non puoi tenere un piede in due scarpe.
Passa allo yacht degli influencer e rimanici stabile. Io me ne resto nella mia barchetta, insieme ai blogger puri, un po’ più indietro. Andiamo a rilento perché ad ogni accesso su sito.com/wp-admin/index.php sappiamo che ci aspetta, per la prossima ora, un nuovo articolo da scrivere.
23 commenti
Gran bel post, mi hai dato motivazione… Questa cose degli influencer con più k di followers non la capirò mai. Sto entrando pian piano nel mondo della SEO e cerco di farmi strada, con il poco tempo che mi ritrovo, nel mondo dei veri blogger.
Grazie Maria! Dobbiamo unirci e educare persone e aziende sui termini giusti da usare, perché altrimenti ne risentiamo noi stessi. In bocca al lupo :)
Caro Giorgio mi hai tolto le parole di bocca. Mille minuti di applausi per te.
Sapevo avresti concordato! Grazie :)
Amo le posizioni chiare e ben dette… soprattutto! :)
Grazie Simona! :)
Ogni volta che vedo un “qual è” con l’apostrofo ho un calo di pressione.
Anche po’ con l’accento mica scherza… :)
Sono del tutto allineata con quello che scrivi in merito al fatto che il blogger deve creare contenuti sul blog, possibilmente utili e di livello… o almeno sinceri e al massimo delle proprie possibilità. Davvero, concordo su tutto. Tuttavia, la spocchia che noi blogger stiamo assumendo verso gli instagrammer o influencer (guarda caso parole che “non piacciono” a nessuno) mi sembra simile a quella che i giornalisti avevano fino a pochi anni fa verso noi blogger, soprattutto noi blogger a tempo pieno. Ovviamente, spocchia mantenuta finché i giornalisti più in gamba e prolifici non sono diventati quasi tutti blogger a loro volta.
Ognuno fa bene quello che bene sa fare; se la categoria di chi crea contenuti credibili sullo specifico social non è ancora stato ben definito tanto da poggiarsi alla parola “influencer” poco importa, anche loro troveranno una dignitosa definizione. Quel che noi blogger dovremmo aver imparato è che non esistono lavori seri e lavori non seri, ma lavori fatti seriamente e lavori fatti in modo approssimativo. Anche perché non ho ancora visto instagrammer o influencer pagati per scrivere “che bella New York”: anche il dono della sintesi e dello short story telling sono arti complesse.
Ciò detto, complimenti per il blog, ti seguo.
Ciao Sabrina, grazie per il commento. Io non sono contro gli influencer – sono contro i blogger che diventano influencer e ancora si ritengono blogger. O che le aziende ancora chiamano blogger. La definizione influencer non mi piace perché mi sa di persona che “soggioga” gli utenti come se questi ultimi non sapessero ragionare per conto loro.
Non mi piace stare nella stessa categoria di chi aggiorna il blog una volta ogni due mesi, non ci sto proprio.
Per quanto riguarda gli influencer/instagramer che fanno caption di 5 parole ce ne sono eccome. Anzi, 6 parole se conti l’hashtag #ad. Lì davvero non ti stai nemmeno impegnando a portare contenuti ai tuoi follower. Ma è tutta un’altra storia e ci vorrebbe un articolo separato!
Speriamo comunque che con il tempo si faccia chiarezza su tutti i vari ruoli e che si crei un’etica lavorativa concreta :)
Lascio il mio blog a voi la decisione http://www.ilovevisititaly.com
-Speriamo comunque che con il tempo si faccia chiarezza su tutti i vari ruoli e che si crei un’etica lavorativa concreta :)
Bellalì Giorgio,
sei proprio tu quello che parla di ETICA LAVORATIVA CONCRETA?
Ma come, arrivo sul tuo blog in cerca di info sull’Islanda e trovo una bella serie di temini SEO friendly che tentano di convincermi ad andare in Islanda durante l’inverno, proprio perché fa più freddo. Come per gli uominiveri (scritto tutto attaccato rende meglio l’idea). Certo a gennaio ci sono solo 4 qu-a-ttro timide ore di luce, ma cosa vuoi che sia in confronto alla possibilità di vedere l’aurora boreale. Che c’è anche in primavera. Senza la neve che ti taglia la faccia.
Ah già, ma a te l’hanno regalata in inverno giacché sei stato”inviato per documentare i tour” di tizio e caio. La prima cosa che mi viene in mente è che quando una cosa, o un viaggio, la si ottiene in regalo sembra sempre più bella. Non è vero?
Allora dimmi bene, Giorgio: il tour in Islanda te lo sei pagato con i tuoi denari e poi hai deciso di pubblicizzare i ragazzi dell’incoming perché ti stanno simpatici… oppure i tizi ti hanno offerto -gentilmente- il tour in cambio di una buona recensione, “un saggio breve degli esami di maturità.” Però scritta in ottimo Italiano. Senza apostrofo tra Qual ed è.
Siccome non ho trovato nessun richiamo del tipo, che ne so, “articolo sponsorizzato” posso pensare che, realmente, il miglior modo per visitare l’Islanda sia andarci a gennaio per 5 cin-que giorni. Dunque 5 (giorni) per 4 (ore di luce) uguale 20. La tua etica del blogging mi consiglia di spendere tot euro per venti ore di luce. Ma dai.
Almeno gli “influecer” si vantano di quello che ottengono in cambio delle recensioni.
I migliori Blogger del mondo anglosassone mettono un “disclaimer” per informare i lettori su qualità, quantità e modalità dei propri contenuti sponsorizzati. Qui da noi i blogger si vantano nei media kit senza dire chiaramente che tipo di collaborazioni fanno. E senza indicare Partit…
-La definizione influencer non mi piace perché mi sa di persona che “soggioga” gli utenti come se questi ultimi non sapessero ragionare per conto loro.
Sono ancora parole tue, ma non ho voglia di andare avanti. Passo e chiudo.
Ciao, l’Islanda in inverno a me è piaciuta al 100%. E ci riandrei. Non la pubblicizzo perché mi hanno offerto i tour (nemmeno tutti) e non mi interessa convincere nessuno ad andarci in inverno perché ho prenotato di proposito in inverno. L’Islanda è bella in tutte le stagioni e non sono andato perché mi hanno invitato per provarli. Anzi, i piani erano totalmente diversi (dovevo andare con amici), ma non sto qui a giustificarmi su questioni personali o scelte di viaggio.
Per quanto riguarda le diciture hai ragione: il disclaimer ci va. E sto rivedendo TUTTI gli articoli a tal proposito per aggiungere e migliorare i contenuti ed essere il più trasparente possibile. Ho cominciato la scorsa settimana a sistemare le categorie, i tag, ecc e il punto del disclaimer era già stato messo in conto. Grazie comunque per la precisazione, un po’ meno per il tono.
Ciao! Sono sincera nel dire che ti scopro solo ora grazie proprio a questo articolo . Ho un blog molto molto piccolo che sto cercando di curare nel tempo libero dal mio vero lavoro. Dico vero perché è quello che mi da da vivere. Seppur cercando di impegnarmi mi rendo conto che pubblicare che 4 /5 articoli al mese non sia esattamente “essere blogger”. Ma al momento il tempo a disposizione è ridotto e ahimè faccio parte della categoria” scrivo poco ma bene” (spero bene almeno grammaticalmente) piuttosto che “scrivo ogni due giorni ma senza contenuto”. Sono d’accordo con te nel dire che ormai ci definiamo tutti blogger anche se ancora non lo siamo veramente. Ma prendi il mio caso ad esempio. Se voglio che le persone scovino il blog che ancora non ha un gran seguito , devo pubblicizzarlo ad esempio su instagram. Mi servono quindi follower reali che seguono i contenuti e leggono gli articoli che cerco di pubblicizzare. Per fare ciò mi devo dare una categoria. Non sono influencer e tantomeno voglio esserlo. Scrivo perché mi va di condividere le mie esperienze di viaggio dando quelli che secondo me possono essere consigli utili. Io mi faccio ispirare e consigliare molto dagli altri blog e vorrei che fossi anche io così per gli altri. Se ci pensi mi ritrovo nella categoria ” blogger” pur non essendolo ancora veramente. So che il tuo messaggio era molto più ampio e toccava molti punti ma a volte ci si ritrova in un limbo inclassificabile e seppur avendo buone intenzioni, ci si ritrova in una posizione “sbagliata”. Detto ciò, sono d’accordo con te nel dire che indipendentemente dal tema che si affronta, blogger significa scrivere, raccontare e raccontarsi. E sono contenta di averti letto perché ho trovato un nuovo vero blog da seguire! ?
Grazie mille Simona! Ti capisco benissimo e sappi che anche io non vivo solo con il blog, quindi non posso considerarmi blogger al 100% a livello professionale. Però mi ci considero nel senso più generale del termine proprio come te. I social servono, certo, sono importantissimi. Ma se sei blogger secondo me devi puntare prima sul tuo blog, poi sul resto. In bocca al lupo! (Ora guardo il tuo blog) :)
Il blogger Scrive. Sante parole! Nei giorni di sconforto mi chiedo però se a qualcuno importi davvero Leggere.
Mi sembra che le persone, non tutte ma tante, siano più interessate a vedere le stories su Instagram. Pochi secondi, pochi contenuti, poco impegno. Meglio un unboxing di pochi secondi o meglio leggere un testo che, si spera, riesca a raccontare qualcosa?!
Io resto sempre della mia opinione!
Alice
Esatto Alice. Siamo abituati a contenuti che scadono in 24 ore e li dimentichiamo due giorni dopo. Non che sia un male, ma ci vuole anche un contenuto che resta e sia lì a disposizione del lettore: ecco che entra in gioco il blog :)
Amen!
Concordo in pieno! E ti dirò di più: ho visto pure presunti sedicenti blogger che il blog non ce l’hanno nemmeno!
Come direbbe Babbo Natale: oh oh oh! ;-)
C’è anche quella categoria… Ancora peggio direi!
Sfondi una porta aperta con me, vedo gente auto lodarsi ogni giorno per quanto engagement hanno su FB e di quanto sono super mega fighi e poi vedi che su FB non hanno mai messo un link e sul loro sito ci sono solo liste di articoli da comprare su Amazon. Sono tutti bravi così.
Pagine Facebook con solo foto e 0 contenuti. So di cosa parli purtroppo!
Hai ragione da vendere! Ho un blog da 6 anni ma molto molto amatoriale. Da qualche settimana ho fatto il salto, acquisto dominio, hosting, social, seo, etc etc…tutto questo lavorando e con un bimbo piccolo! C’é tantissimo lavoro da fare e soprattutto tanto da studiare ma un passetto alla volta spero di riuscire. La figura degli “influencer” proprio non la capisco… K di followers chiaramente ottenuti con bot e trucchetti… Eppure, adesso va così. Ho fatto account Instagram da poco, perché necessario, come Twitter, per fare blogging seriamente ma lo trovo molto finto e impersonale alla fine.
Continuerò a leggerti :-)
Grazie Alessia! In bocca al lupo con il blog :)